IDENTITA’ DI GENERE

L’identità di genere di una persona è la consapevolezza a livello profondo e intimo di appartenere a un determinato genere.
I termini uomo e donna si riferiscono all’identità di genere di una persona, i termini maschio e femmina si riferiscono invece al sesso di una persona che è un dato distinto dall’identità di genere.

Per una persona transgender l’identità di genere non corrisponde a quella assegnatale alla nascita sulla base del sesso anagrafico.
Per esempio una donna trans è una persona a cui alla nascita sia stato assegnato genere maschile, la cui identità di genere invece è femminile.

Una persona cisgender ha un’identità di genere che si accorda con il genere assegnato alla nascita in base al sesso anagrafico.

Si definisce cisnormatività l’assunzione (che avviene in maniera sistematica e normativa) che ogni persona sia cisgender, invisibilizzando e invalidando quindi il vissuto delle persone transgender.

L’identità di genere non è necessariamente binaria, ovvero non esistono solo due generi, uomo e donna, in cui identificarsi. Si chiama binarismo di genere il complesso di assunzioni e norme culturali basate sull’idea di fondo che esistano due soli sessi e ad essi associati due soli generi, distinti e caratterizzati da attributi (fisici, caratteriali, comportamentali e di ruolo sociale) opposti e mutuamente esclusivi.

Una persona transgender può trovarsi a vivere una condizione di profondo disagio dovuto alla scarsa informazione e formazione riguardo a temi come identità di genere e binarismo di genere, unitamente ad aspettative sociali binarie e cisnormative.

Quando si comprende la propria condizione ci si trova inoltre di fronte alla difficoltà di spiegarla alle altre persone, che spesso non hanno i mezzi per comprenderla e addirittura la invalidano.

Pronomi

A una persona transgender bisogna rivolgersi utilizzando i pronomi relativi alla sua identità di genere e declinando aggettivi e sostantivi a lei riferiti coerentemente. Per esempio a una donna trans ci si rivolge solitamente al femminile, a un uomo trans al maschile. Una buona pratica è in ogni caso quella di chiedere direttamente alla persona interessata come preferisce essere chiamata e quali pronomi preferisca usare.

Il percorso di transizione

Alcune persone transgender possono desiderare di intraprendere un percorso di cambiamento fisico che le porti socialmente ad essere percepite in un modo che è più in linea con il loro vissuto interiore. Tale percorso chiamato “transizione di genere” o “affermazione di genere”. Il percorso di transizione medicalizzata può variare molto in base alle esigenze della persona che lo intraprende

Esistono persone transgender che non desiderano modificare il proprio corpo o che per motivi personali di vario tipo decidono di non farlo.

Per alcune persone il percorso di transizione medica consiste in un trattamento ormonale, per altre in alcune operazioni chirurgiche o ancora in una combinazione di questi due elementi.

In Italia la Legge n. 164 del 1982 ha previsto la “rettificazione di attribuzione di sesso”, attraverso l’autorizzazione all’intervento chirurgico e alla successiva modifica dei dati personali anagrafici (nome e sesso) nei documenti.
Nell’ambito del Servizio Sanitario Nazionale, in Italia esistono diversi centri e
 strutture sanitarie che si occupano di facilitare il percorso delle persone transgender, a cui ci si può rivolgere indipendentemente dal luogo di residenza, presso cui è possibile ottenere aiuto per effettuare un percorso di transizione, fino all’eventuale intervento di riassegnazione chirurgica.

Per essere inseriti nelle liste d’attesa chirurgiche è indispensabile, ad oggi, aver ottenuto l’autorizzazione all’intervento da parte del Tribunale di residenza.

In Italia è possibile seguire un percorso di transizione presso strutture che utilizzano un protocollo proposto dall’ONIG (Osservatorio Nazionale sull’identità di genere), strutture che utilizzano una variante adeguata alle leggi italiane del protocollo WPATH oppure, anche se è una pratica meno diffusa, seguire un percorso privato.

Alcune utili informazioni sul percorso di transizione (e molto altro) si trovano sul sito https://www.infotrans.it/

Nel caso in cui la persona interessata voglia giungere alla riconversione chirurgica del sesso, in Italia è necessario procedere per via legale. Occorre quindi richiedere ai professionisti che l’hanno seguita, una relazione (psicologica, psichiatrica, endocrinologica) che dovrà essere allegata alla richiesta per l’autorizzazione all’intervento chirurgico. Questa richiesta deve essere inoltrata al tribunale competente per residenza tramite la mediazione di un legale. Se l’autorizzazione viene concessa, può essere effettuato l’intervento chirurgico. In seguito, per ottenere la rettifica dei dati anagrafici, deve essere presentato al tribunale un secondo ricorso che attesti l’avvenuto intervento. Nel 2015, tuttavia, una sentenza della Corte di Cassazione e una sentenza della Corte Costituzionale hanno affermato che la riconversione chirurgica del sesso non è un requisito necessario per la rettifica dei dati anagrafici.

Documenti

In Italia una persona trangender che sta compiendo il percorso di cambiamento, pur avendo un certificato medico che attesta la condizione di transizione, non ha ancora i documenti corrispondenti alla nuova identità.
Il cambio del nome sui documenti è previsto – secondo l’interpretazione prevalente data alla legge 164/1982 – solo dopo la riassegnazione chirurgica del sesso. Questo può comportare un grave disagio nella vita quotidiana dove possono verificarsi situazioni spiacevoli sia a livello personale che burocratico, dovute alla discrepanza tra i dati riportati sui documenti e l’aspetto fisico.

Su questo tema la Corte di Cassazione (sentenza prima sez. civile n. 15138 del 20 luglio 2015) e la Corte Costituzionale (sentenza n. 221 del 5 novembre 2015) hanno risolto una questione controversa.
E’ stato chiarito che l’intervento chirurgico e il requisito della sterilità non sono indispensabili per la rettificazione anagrafica. Si tratta infatti di un diritto della persona secondo il principio di autodeterminazione.
L’intervento viene quindi ora considerato 
non più obbligatorio per avere la rettifica anagrafica e potrà essere autorizzato per consentire di raggiungere un equilibrio psicofisico solo nei casi in cui la persona direttamente interessata lo desideri o ritenga necessario.

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